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DiAnnamaria Palumbo

ACCERTAMENTO PRESUNTIVO

L’accertamento presuntivo (denominato anche analitico-induttivo) consiste nella contestazione dell’evasione mediante il ricorso a presunzioni “qualificate”, ovvero gravi, precise e concordanti.

Si tratta di una sottocategoria degli accertamenti analitici (in questi ultimi la censura sull’evasione deriva dalla violazione diretta di una norma).

In pratica,  partendo da alcuni dati analitici (ad es. contabili o oggettivi), l’Ufficio determina induttivamente il reddito di impresa.

ESEMPI:  

  • Il cd. tovagliometro: partendo dal costo sostenuto per il servizio di lavanderia, l’Agenzia delle Entrate determina induttivamente il possibile ricavo omesso (lo stesso vale per le bottiglie d’acqua, il caffé o i cartoni della pizza)
  • Percentuali di ricarico
  • Controllo presso terzi
  • Falsa fatturazione
  • Controllo del magazzino
  • Comportamento antieconomico dell’imprenditore
  • Rinvenimento di documentazione extracontabile o contabilità parallela

In questi casi, il contribuente ha l’onere dimostrare che il ragionamento dell’Ufficio non è convincente, ovvero che le presunzioni non sono né gravi, né precise, né concordanti.

Tale tipologia di accertamento trova applicazione soltanto laddove l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza della contabilità non siano così gravi, numerose e ripetute da rendere del tutto inattendibili, nel loro complesso, le scritture contabili. In quest’ultimo caso, infatti, l’Ufficio ricorre all’accertamento di tipo induttivo.

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ACCERTAMENTO ANALITICO

L’accertamento può definirsi analitico (o contabile) quando viene effettuato mediante la rettifica delle singole componenti, attive e passive, che compongono il reddito lavoro autonomo o di impresa.

L’accertamento analitico presuppone che la contabilità non sia considerata inattendibile nel suo complesso e che quindi si rettifichino le singole risultanze.

ESEMPI

  • rettifiche inerenti la deducibilità delle spese di rappresentanza o le spese di manutenzione;
  • recupero a tassazione di voci reddituali per violazione della normativa fiscale in tema di competenza o di ammortamenti

Nell’ambito delle imposte sui redditi, il quadro normativo di riferimento è il seguente:

  • art. 38, D.P.R. 600/73 per la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche non esercenti attività d’impresa o di -lavoro autonomo;
  • art. 39, D.P.R. 600/73 per la rettifica del reddito d’impresa o di lavoro autonomo;
  • art. 40, D.P.R. 600/73 per la rettifica del reddito delle società e delle associazioni;
  • art. 54, D.P.R. 633/72 per la rettifica delle dichiarazioni IVA.

L’accertamento può essere basato anche su presunzioni semplici ovvero dotate di requisiti di gravità, precisione e concordanza. In tale ipotesi si rientra nella categoria dell’accertamento analitico-induttivo (o presuntivo).

ESEMPI di accertamento presuntivo sono quelli basati su:

  • comportamento antieconomico dell’imprenditore
  • percentuali di ricarico
  • movimentazioni bancarie
  • cd tovagliometro.

In caso di inattendibilità della contabilità, l’Amministrazione procede con l’accertamento induttivo.

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DiAnnamaria Palumbo

ACCERTAMENTO – TERMINI

Il legislatore ha previsto termini decadenzali entro i quali l’Ufficio può esercitare il potere impositivo nei confronti del contribuente.

L’avviso di accertamento notificato dopo il decorso del termine decadenziale è affetto da nullità.

La nullità tuttavia non opera automaticamente ma va rilevata dal contribuente in sede di ricorso.

Dal periodo di imposta 2016 (dichiarazioni 2017) i termini sono:

– 31.12 del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione;

– 31.12 del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, nei casi di nullità o di omessa presentazione della dichiarazione.

Per i periodi di imposta precedenti al 2016 i termini sono:

quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione;

settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, nei casi di nullità o di omessa presentazione della dichiarazione.

Nel caso in cui sia stata rilasciata la certificazione tributaria: l’accertamento basato sugli studi di settore è notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata presentata.

Fatturazione elettronica: a partire dal 2019 (legge di bilancio 2018), la generalità dei soggetti passivi IVA che effettua la fatturazione elettronica può usufruire della riduzione di 2 anni dei termini di accertamento, purché sia garantita la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati di importo superiore a 500,00 euro.

 Il contribuente può presentare dichiarazioni rettificative. In tal caso il termine di accertamento viene esteso a decorrere dalla presentazione della nuova dichiarazione limitatamente alla parte emendata.

I termini per l’accertamento hanno natura decadenziale e pertanto non possono essere  interrotti.

IPOTESI PARTICOLARI

  • La spettanza di un credito chiesto a rimborso in dichiarazione può essere contestata dall’Amministrazione anche oltre i termini ordinari di decadenza del potere di accertamento (Cass. 25464/2018).
  • In caso di accertamento antielusivo è sufficiente che il periodo d’imposta in cui si è conclusa l’operazione elusiva sia ancora accertabile affinché l’Ufficio possa disconoscere l’intera operazione (art. 10bis, L. 212/2000).
  • Il legislatore ha previsto il raddoppio dei termini di accertamento per le attività in paradisi fiscali (Art. 12, D.L. 78/2009; art. 4, D. L. 167/1990)

Attenzione! Come anticipato l’accertamento tardivo non è annullabile d’ufficio, neanche dal Giudice tributario. In assenza di ricorso, l’atto rimane pienamente efficace e la pretesa legittima. In assenza di eccezione di nullità in sede ricorso, il Giudice non potrà pronunciarsi sul punto.

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AVVISO DI RECUPERO

Gli avvisi di recupero sono specifici provvedimenti con i quali l’Amministrazione può contestare, in tutto o in parte, l’utilizzo in compensazione di crediti illegittimamente fruiti (art. 1, co. 421, L. 311/2004).

La riforma del sistema sanzionatorio del 2015 ha interessato anche le violazioni legate all’utilizzo in compensazione dei crediti introducendo, sia sotto il profilo amministrativo che sotto il profilo penale, un’importante distinzione tra crediti “non spettanti” e crediti “inesistenti”.

ll D. Lgs. 158/2015 ha difatti integralmente modificato l’art. 13 del D. lgs. 471/97 ed ha previsto che nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, si applica, salvo disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato.

Per i crediti inesistenti è invece prevista una sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi ed è esclusa la definizione agevolata di cui agli artt. 16, co. 3 e 17, co. 2 del D. Lgs. 472/97.

Più precisamente è inesistente il credito che non è riscontrabile con il controllo automatizzato.

Verosimilmente, quindi, i crediti inesistenti saranno riconducibili a verifiche presso la sede del contribuente o della documentazione contabile, o ancora a contestazioni legate alla falsità di documenti ricevuti da terzi.

Termine ultimo entro cui notificare l’avviso di recupero a pena di decadenza è il 31.12 del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Relativamente alla contestazione di crediti inesistenti, gli avvisi di recupero devono essere notificati entro il 31.12 dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.

Ricapitolando:

i crediti non spettanti:

  • sono sanzionati nella misura del 30%;
  • possono essere contestati con avviso bonario (da controllo automatizzato/formale) ovvero con atto di recupero;
  • il provvedimento va notificato entro gli ordinari termini previsti per gli avvisi bonari ovvero per l’accertamento delle imposte (art. 42 del DPR 600/73)

i crediti inesistenti:

  • sono sanzionati nella misura dal 100% al 200%;
  • possono essere contestati attraverso atti di recupero (o verosimilmente anche con avviso di accertamento) adeguatamente motivato;
  • il provvedimento va notificato entro il 31.12 dell’ottavo anno successivo all’utilizzo.

L’atto di recupero deve essere adeguatamente motivato e ciò anche per consentire l’esatta identificazione della contestazione. Occorre che siano indicati gli elementi per i quali l’Ufficio lo ritenga inesistente ovvero non spettante, affinché possa essere verificata la correttezza delle sanzioni irrogate e, in ogni caso, la fondatezza della pretesa.

Con riguardo alla contestazione di credito inesistente occorre che sia dimostrato il comportamento fraudolento del contribuente, l’intento evasivo, la malafede ad anche la circostanza che l’Amministrazione non avrebbe potuto scoprire la violazione con i controlli automatizzati o formali.

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DIRIGENTI – PATTO DI STABILITA’

In caso di assunzione a tempo indeterminato, le parti possono prevedere l’obbligo di non recedere dal rapporto per un determinato periodo di tempo. E’ fatta salva l’ipotesi di una giusta causa di recesso ossia di una causa che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto (2119 c.c.)

Se l’obbligazione è inserita tra le clausole del contratto di assunzione, prende il nome di clausola di durata minima garantita. Se l’accordo interviene successivamente alla stipula del contratto di assunzione, prende il nome di patto di stabilità.

La clausola di durata minima garantita o il patto di stabilità possono essere previsti:

  • a favore del solo datore di lavoro
  • a favore del solo dirigente
  • a favore di entrambe le parti

Si analizzano i primi due CASI.

Clausola/patto a favore del datore di lavoro

In tale ipotesi il dirigente si obbliga a non rassegnare le dimissioni per un periodo di tempo minimo. Si ritiene che in questo caso il datore di lavoro debba riconoscere al dipendente un corrispettivo.

La corrispettività va valutata alla luce del complesso delle reciproche obbligazioni.

La causa di tale impegno è l’interesse del datore di lavoro a fruire della prestazione del dirigente almeno per un tempo minimo, ad esempio in caso di avvio di nuova attività.

In caso di violazione della clausola di durata minima garantita o del patto di stabilità, il datore di lavoro potrà richiedere il risarcimento del danno. Allo scopo può essere prevista una clausola penale che quantifichi forfettariamente il danno commisurandolo ad un determinato numero di compensi.

E’ legittima la compensazione del TFR con i crediti del datore di lavoro.

Clausola/patto a favore del dirigente

In questa ipotesi è il datore di lavoro ad impegnarsi a non licenziare il dirigente per il periodo di tempo previsto dalle parti. Ciò può accadere, ad esempio, nel caso in cui il dirigente si sia dichiarato disponibile a dimettersi da un precedente rapporto di lavoro solo a fronte di determinate garanzie di durata minima del nuovo incarico.

Il recesso unilaterale del datore di lavoro, che non sia determinato da giusta causa ex art. 2119 c.c., è considerato illegittimo. In tal caso il datore di lavoro dovrà risarcire il danno oltre ad erogare l’indennità sostitutiva del preavviso.

La Cassazione ha peraltro stabilito che il risarcimento del danno può essere cumulato con l’indennità supplementare dovuta al dirigente in caso di licenziamento illegittimo come prevista dalla contrattazione collettiva (Cass. 2978/2017).

Il datore di lavoro pertanto dovrà pagare il risarcimento del danno, l’indennità sostitutiva del preavviso e l’indennità supplementare per ingiustificato licenziamento.

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ASSUNZIONE DEL DIRIGENTE – CLAUSOLE PARTICOLARI 1

Il rapporto di lavoro con il dirigente è un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto il relativo contratto di lavoro segue le regole comuni di stipulazione.

Analizzeremo di seguito soltanto le clausole particolari che in genere vengono ad esso apposte, rinviando ad altro articolo per gli elementi peculiari del rapporto.

Le clausole particolari sono:

  • Retribuzione variabile
  • Patto di prova
  • Patto di stabilità
  • Anzianità convenzionale
  • Patto di non concorrenza
  • Paracadute d’oro

Di seguito le prime tre clausole più frequentemente inserite nel contratto di assunzione del dirigente, rinviando ad altro articolo per le successive.

Retribuzione variabile

In aggiunta alla retribuzione fissa prevista dal CCNL (c.d. TMGC, trattamento minimo complessivo di garanzia) è spesso riconosciuta ai dirigenti una retribuzione variabile al verificarsi di determinate condizioni.

Più frequentemente l’attribuzione del bonus è subordinata al raggiungimento di determinati obiettivi assegnati dal datore di lavoro. E’ possibile limitarsi a dare atto nella lettera di assunzione che il dirigente verrà ammesso a partecipare al sistema di incentivazione aziendale previsto per la categoria di appartenenza oppure indicarne già alcuni elementi.

Esempio:

“In aggiunta alla sua retribuzione fissa, potrà esserle riconosciuto un bonus al raggiungimento degli obiettivi che la nostra società le assegnerà ogni anno. L’importo del bonus potrà variare da un minimo dello 0% ad un massimo del 25% della retribuzione fissa annua lorda. Tale importo è calcolato in proporzione al raggiungimento di ogni singolo obiettivo (Mancato raggiungimento dell’obiettivo – premio 0%; 50% raggiungimento dell’obiettivo – premio 10%; 100% raggiungimento dell’obiettivo – premio 25%)”

Tale previsione non determina alcun vincolo a carico dell’azienda per gli anni successivi.

Patto di prova

Può essere previsto in forma scritta un periodo di prova della durata massima di sei mesi solo nel caso di dirigenti di nuova assunzione (non anche per il passaggio da impiegato a dirigente).

Nel caso di risoluzione del rapporto durante la prova al dirigente sono corrisposti i ratei di mensilità supplementari, l’indennità sostitutiva delle ferie maturate, il TFR, con esclusione del preavviso (CCNL Terziario).

Patto di stabilità

In caso di assunzione a tempo indeterminato, le parti possono prevedere l’obbligo di non recedere dal rapporto per un determinato periodo di tempo. E’ fatta salva l’ipotesi di una giusta causa di recesso ossia di una causa che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto (2119 c.c.)

In caso di violazione del patto di stabilità, la parte inadempiente è tenuta a risarcire all’altra i danni derivanti dall’inadempimento. Per approfondimenti si rinvia a questo articolo.

E’ legittima la compensazione del TFR con i crediti del datore di lavoro derivanti dalla penalità pattuita per il recesso anticipato dal patto di stabilità.

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ASSUNZIONE DEL DIRIGENTE – ELEMENTI PECULIARI

Il rapporto di lavoro con il dirigente è un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto il relativo contratto di lavoro segue le regole comuni di stipulazione.


Analizzeremo di seguito soltanto gli elementi peculiari, rinviando ad altro articolo per l’analisi delle clausole particolari.

I CCNL prevedono espressamente che la costituzione del rapporto avvenga per iscritto.

Il contratto di lavoro con il dirigente può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a tempo determinato (temporary manager). In quest’ultima ipotesi le aziende possono usufruire di un trattamento contributivo agevolato. La durata del contratto non può superare cinque anni e, in ogni caso, il dirigente può dimettersi con preavviso decorsi tre anni. La proroga del contratto a termine è ammessa purché il rapporto di lavoro nella sua durata complessiva non superi i cinque anni.

I dirigenti assunti con contratto a termine sono computabili ai fini del raggiungimento dei limiti dimensionali richiesti per l’applicazione di qualsiasi disciplina legale o contrattuale per la quale rileva il numero dei dipendenti, salvo che sia diversamente disposto.

La prestazione del dirigente è insuscettibile di quantificazione oraria.
E’ controversa la possibilità di instaurare rapporti di lavoro a tempo parziale con i dirigenti (soprattutto se apicali), ciò in quanto l’inapplicabilità ai dirigenti della disciplina limitativa dell’orario di lavoro appare incompatibile con il lavoro part-time.
La giurisprudenza si è espressa in senso favorevole (Cass. 21253/2012).

Anche al dirigente spettano le ferie.
Il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto all’indennità sostitutiva a meno che non provi di non aver potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezioni ed obiettive (Cass. 23697/2017).

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AVVISO DI ACCERTAMENTO – FASE ESECUTIVA

A partire dall’1.10.2011, una volta notificato l’accertamento e decorsi i termini utili per pagare, l’Agenzia delle Entrate e della Riscossione può notificare direttamente il pignoramento.

L’agente della riscossione può avvalersi delle ordinarie misure cautelari a favore del proprio credito e pertanto può:

  • iscrivere ipoteca sugli immobili del contribuente e dei coobligati, se il credito per cui si procede supera la somma di 20.000,00 Euro (art. 77, D.P.R. 602/73)
  • disporre il fermo dei beni mobili registrati (art. 86, D.P.R. 602/73)
  • adottare ogni azione conservativa del credito (art. 2901 c.c.)

Se il pignoramento non è notificato decorso un anno dalla notifica dell’accertamento esecutivo, è necessario notificare l’intimazione ad adempiere (art. 50, DPR 602/73).

Ultimamente l’Agenzia delle Entrate notifica l’intimazione ad adempiere anche in seguito alla sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria in caso di soccombenza del contribuente.

In tal caso, in seguito alla decisione di primo grado sono pretesi i due terzi del dovuto o la diversa misura stabilita dal giudice sempre nel limite di due terzi.

Tuttavia l’atto di intimazione ad adempiere non prevede la possibilità di dilazionare le somme.

Pertanto, se il contribuente intende corrispondere le somme con un piano dilazionato, dovrà attendere che il credito sia trasferito all’agente della riscossione e chiedere a quest’ultimo la dilazione secondo le ordinarie regole per i ruoli.

Dovrà, in questo caso pagare i maggiori oneri legati all’aggio della riscossione ed agli interessi di mora, oltre agli interessi ordinariamente calcolati.

L’Agenzia delle Entrate e della Riscossione deve informare il contribuente dell’avvenuta “presa in carico” delle somme (ad eccezione del caso in cui sia ravvisabile il fondato pericolo per la riscossione).

La comunicazione avviene con raccomandata semplice o posta elettronica. Non si tratta pertanto di una vera e propria notifica.

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AVVISO DI ACCERTAMENTO – SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE

Se l’accertamento non diviene definitivo, l’esecuzione forzata è sospesa per un periodo di 180 giorni decorrenti dall’affidamento in carico del credito agli agenti della riscossione.

La sospensione non opera se l’accertamento è divenuto definitivo o se l’agente della riscossione viene a conoscenza di elementi idonei a integrare il fondato pericolo di pregiudizio per la riscossione.

CASI

Sono considerate situazioni idonee ad integrare il fondato pericolo per la riscossione:

  • il fallimento del contribuente;
  • l’assoggettamento a concordato preventivo.

Non sono considerate situazioni idonee ad integrare il fondato pericolo per la riscossione:

  • lo stato di semplice liquidazione della società;
  • il mero richiamo alla fondatezza dell’accertamento.

La dimostrazione del fondato pericolo per la riscossione deve essere contenuta già nell’avviso di accertamento.

In breve, all’atto della ricezione dell’accertamento, il contribuente può presentare ricorso chiedendo contestualmente la sospensione dell’esecuzione.

Le somme, per l’intero o per un terzo, oltre interessi, devono essere versate entro il termine per la presentazione del ricorso (quindi entro 60 giorni, nella maggior parte dei casi). In assenza di pagamento entro tale termine, il dovuto sarà maggiorato dell’aggio.

E’ possibile chiedere la dilazione delle somme a determinate condizioni.

In caso di proposizione del ricorso, dalla notifica dell’accertamento l’esecuzione è sospesa per 270 giorni (60+30+180).

Quanto detto non opera per i provvedimenti di fermo e ipoteca, i quali possono essere adottati – in presenza dei presupposti di legge – decorsi  90 giorni dalla notifica dell’atto.

Entro tale termine, tuttavia, il giudice può aver già concesso la sospensione giudiziale richiesta con il ricorso.

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SERVIZI IN MATERIA DI LAVORO

Lo studio offre i seguenti servizi in materia di lavoro:

Servizi a tutela del Lavoratore

Consulenza e assistenza in ogni fase del rapporto di lavoro: nella costituzione, in corso di svolgimento, nella fase di cessazione (licenziamento, dimissioni, risoluzione consensuale);

Assistenza e revisione di contratti di lavoro; Cessioni individuali dei rapporti di lavoro; Contributi, premi e imposte

  • Contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato
  • Contratti flessibili: Collaboratori coordinati e continuativi; Lavoratori a termine; Lavoratori a domicilio; Lavoratori agili – smart working; Lavoratori autonomi occasionali; Lavoratori intermittenti; Lavoratori part-time; Prestatori di lavoro occasionale; Somministrati; Tirocinanti
  • Rapporti di lavoro particolari: Agenti e rappresentanti; Dirigenti; Familiari; Lavoratori in missione temporanea all’estero; Lavoratori in regime di appalto; Minori; Soci di cooperative di lavoro; Stranieri
  • Contratti agevolati: Dipendenti di start up innovative; Disabili; Apprendisti; Disoccupati; Lavoratori in CIGS; Giovani; Lavoratori altamente qualificati impiegati in attività di ricerca e sviluppo; Detenuti

Servizi a tutela delle Imprese

  • Redazione di contratti di lavoro;
  • Redazione di policy aziendali, codici etici, codici disciplinari;
  • Redazione di piani di welfare, accordi di smart working;
  • Redazione di patti di non concorrenza e patti di riservatezza;
  • Consulenza e assistenza in materia di protezione dei dati personali (contrattualistica, dipendenti, web ed e-commerce, telecomunicazioni, compliance);
  • Contratti di agenzia;
  • Licenziamenti individuali;
  • Licenziamenti collettivi;
  • Distacchi;
  • Sicurezza sul lavoro;
  • Redazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo (D. Lgs. 231/2001);
  • Partecipazione a negoziazioni sindacali;
  • Consulenza ed assistenza in favore di imprese in stato di crisi;
  • Formazione aziendale