Archivio per Categoria LAVORO

DiAnnamaria Palumbo

LAVORO SOMMERSO – UNDECLARED WORK

In assenza di una definizione giuridica di lavoro sommerso e di una norma di disciplina è utile riferirsi al percorso argomentativo della Commissione europea (Comuncazione n. 219/1998) che ha circoscritto l’area dell’undeclared work a “qualsiasi attività retribuita lecita di per sé ma non dichiarata alle autorità pubbliche”.

Questa definizione abbraccia le attività più disparate ad eccezione delle attività criminali. Vi rientrano pertanto:

  • il lavoro nero
  • il lavoro irregolare
  • il lavoro invisibile
  • il lavoro simulato
  • il lavoro difforme
  • il lavoro grigio
  • l’undocumented work
  • l’illegal work
  • l’undeclared work
  • moonlighting (riconducibile al lavoro nero)

Accanto a tali categorie è utile affiancare anche i fenomeni dell’economia sommersa, dell’economia nascosta o sotterranea, dell’economia illegale e dell’economia informale.

Il comune denominatore di tali eventi è la riconducibilità ad un rapporto di lavoro per il quale non siano stati adempiuti in tutto o in parte gli obblighi vigenti in materia civile, amministrativa, fiscale, previdenziale e assicurativa.

La particolarità del fenomeno è che, trattandosi comunque di attività lecita (seppur in violazione degli obblighi che la regolano) il rapporto di lavoro non risulterà nullo per illiceità dell’oggetto o della causa (art. 2126, co. 1 c.c.), con la conseguenza che il lavoratore avrà in ogni caso diritto alla retribuzione, nonché alla regolarizzazione contributiva (art. 2126, co. 2 c.c.).

Gli obblighi connessi alla corretta instaurazione del rapporto di lavoro sono infatti previsti da norme inderogabili a tutela del prestatore di lavoro.

Lieti di averti dato qualche informazione generale, rimaniamo a disposizione per l’analisi del tuo caso!

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DiAnnamaria Palumbo

DIRIGENTI – PATTO DI STABILITA’

In caso di assunzione a tempo indeterminato, le parti possono prevedere l’obbligo di non recedere dal rapporto per un determinato periodo di tempo. E’ fatta salva l’ipotesi di una giusta causa di recesso ossia di una causa che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto (2119 c.c.)

Se l’obbligazione è inserita tra le clausole del contratto di assunzione, prende il nome di clausola di durata minima garantita. Se l’accordo interviene successivamente alla stipula del contratto di assunzione, prende il nome di patto di stabilità.

La clausola di durata minima garantita o il patto di stabilità possono essere previsti:

  • a favore del solo datore di lavoro
  • a favore del solo dirigente
  • a favore di entrambe le parti

Si analizzano i primi due CASI.

Clausola/patto a favore del datore di lavoro

In tale ipotesi il dirigente si obbliga a non rassegnare le dimissioni per un periodo di tempo minimo. Si ritiene che in questo caso il datore di lavoro debba riconoscere al dipendente un corrispettivo.

La corrispettività va valutata alla luce del complesso delle reciproche obbligazioni.

La causa di tale impegno è l’interesse del datore di lavoro a fruire della prestazione del dirigente almeno per un tempo minimo, ad esempio in caso di avvio di nuova attività.

In caso di violazione della clausola di durata minima garantita o del patto di stabilità, il datore di lavoro potrà richiedere il risarcimento del danno. Allo scopo può essere prevista una clausola penale che quantifichi forfettariamente il danno commisurandolo ad un determinato numero di compensi.

E’ legittima la compensazione del TFR con i crediti del datore di lavoro.

Clausola/patto a favore del dirigente

In questa ipotesi è il datore di lavoro ad impegnarsi a non licenziare il dirigente per il periodo di tempo previsto dalle parti. Ciò può accadere, ad esempio, nel caso in cui il dirigente si sia dichiarato disponibile a dimettersi da un precedente rapporto di lavoro solo a fronte di determinate garanzie di durata minima del nuovo incarico.

Il recesso unilaterale del datore di lavoro, che non sia determinato da giusta causa ex art. 2119 c.c., è considerato illegittimo. In tal caso il datore di lavoro dovrà risarcire il danno oltre ad erogare l’indennità sostitutiva del preavviso.

La Cassazione ha peraltro stabilito che il risarcimento del danno può essere cumulato con l’indennità supplementare dovuta al dirigente in caso di licenziamento illegittimo come prevista dalla contrattazione collettiva (Cass. 2978/2017).

Il datore di lavoro pertanto dovrà pagare il risarcimento del danno, l’indennità sostitutiva del preavviso e l’indennità supplementare per ingiustificato licenziamento.

Lieti di averti dato qualche informazione generale, rimaniamo a disposizione per l’analisi del tuo caso!

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ASSUNZIONE DEL DIRIGENTE – CLAUSOLE PARTICOLARI 1

Il rapporto di lavoro con il dirigente è un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto il relativo contratto di lavoro segue le regole comuni di stipulazione.

Analizzeremo di seguito soltanto le clausole particolari che in genere vengono ad esso apposte, rinviando ad altro articolo per gli elementi peculiari del rapporto.

Le clausole particolari sono:

  • Retribuzione variabile
  • Patto di prova
  • Patto di stabilità
  • Anzianità convenzionale
  • Patto di non concorrenza
  • Paracadute d’oro

Di seguito le prime tre clausole più frequentemente inserite nel contratto di assunzione del dirigente, rinviando ad altro articolo per le successive.

Retribuzione variabile

In aggiunta alla retribuzione fissa prevista dal CCNL (c.d. TMGC, trattamento minimo complessivo di garanzia) è spesso riconosciuta ai dirigenti una retribuzione variabile al verificarsi di determinate condizioni.

Più frequentemente l’attribuzione del bonus è subordinata al raggiungimento di determinati obiettivi assegnati dal datore di lavoro. E’ possibile limitarsi a dare atto nella lettera di assunzione che il dirigente verrà ammesso a partecipare al sistema di incentivazione aziendale previsto per la categoria di appartenenza oppure indicarne già alcuni elementi.

Esempio:

“In aggiunta alla sua retribuzione fissa, potrà esserle riconosciuto un bonus al raggiungimento degli obiettivi che la nostra società le assegnerà ogni anno. L’importo del bonus potrà variare da un minimo dello 0% ad un massimo del 25% della retribuzione fissa annua lorda. Tale importo è calcolato in proporzione al raggiungimento di ogni singolo obiettivo (Mancato raggiungimento dell’obiettivo – premio 0%; 50% raggiungimento dell’obiettivo – premio 10%; 100% raggiungimento dell’obiettivo – premio 25%)”

Tale previsione non determina alcun vincolo a carico dell’azienda per gli anni successivi.

Patto di prova

Può essere previsto in forma scritta un periodo di prova della durata massima di sei mesi solo nel caso di dirigenti di nuova assunzione (non anche per il passaggio da impiegato a dirigente).

Nel caso di risoluzione del rapporto durante la prova al dirigente sono corrisposti i ratei di mensilità supplementari, l’indennità sostitutiva delle ferie maturate, il TFR, con esclusione del preavviso (CCNL Terziario).

Patto di stabilità

In caso di assunzione a tempo indeterminato, le parti possono prevedere l’obbligo di non recedere dal rapporto per un determinato periodo di tempo. E’ fatta salva l’ipotesi di una giusta causa di recesso ossia di una causa che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto (2119 c.c.)

In caso di violazione del patto di stabilità, la parte inadempiente è tenuta a risarcire all’altra i danni derivanti dall’inadempimento. Per approfondimenti si rinvia a questo articolo.

E’ legittima la compensazione del TFR con i crediti del datore di lavoro derivanti dalla penalità pattuita per il recesso anticipato dal patto di stabilità.

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ASSUNZIONE DEL DIRIGENTE – ELEMENTI PECULIARI

Il rapporto di lavoro con il dirigente è un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto il relativo contratto di lavoro segue le regole comuni di stipulazione.


Analizzeremo di seguito soltanto gli elementi peculiari, rinviando ad altro articolo per l’analisi delle clausole particolari.

I CCNL prevedono espressamente che la costituzione del rapporto avvenga per iscritto.

Il contratto di lavoro con il dirigente può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a tempo determinato (temporary manager). In quest’ultima ipotesi le aziende possono usufruire di un trattamento contributivo agevolato. La durata del contratto non può superare cinque anni e, in ogni caso, il dirigente può dimettersi con preavviso decorsi tre anni. La proroga del contratto a termine è ammessa purché il rapporto di lavoro nella sua durata complessiva non superi i cinque anni.

I dirigenti assunti con contratto a termine sono computabili ai fini del raggiungimento dei limiti dimensionali richiesti per l’applicazione di qualsiasi disciplina legale o contrattuale per la quale rileva il numero dei dipendenti, salvo che sia diversamente disposto.

La prestazione del dirigente è insuscettibile di quantificazione oraria.
E’ controversa la possibilità di instaurare rapporti di lavoro a tempo parziale con i dirigenti (soprattutto se apicali), ciò in quanto l’inapplicabilità ai dirigenti della disciplina limitativa dell’orario di lavoro appare incompatibile con il lavoro part-time.
La giurisprudenza si è espressa in senso favorevole (Cass. 21253/2012).

Anche al dirigente spettano le ferie.
Il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto all’indennità sostitutiva a meno che non provi di non aver potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezioni ed obiettive (Cass. 23697/2017).

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SERVIZI IN MATERIA DI LAVORO

Lo studio offre i seguenti servizi in materia di lavoro:

Servizi a tutela del Lavoratore

Consulenza e assistenza in ogni fase del rapporto di lavoro: nella costituzione, in corso di svolgimento, nella fase di cessazione (licenziamento, dimissioni, risoluzione consensuale);

Assistenza e revisione di contratti di lavoro; Cessioni individuali dei rapporti di lavoro; Contributi, premi e imposte

  • Contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato
  • Contratti flessibili: Collaboratori coordinati e continuativi; Lavoratori a termine; Lavoratori a domicilio; Lavoratori agili – smart working; Lavoratori autonomi occasionali; Lavoratori intermittenti; Lavoratori part-time; Prestatori di lavoro occasionale; Somministrati; Tirocinanti
  • Rapporti di lavoro particolari: Agenti e rappresentanti; Dirigenti; Familiari; Lavoratori in missione temporanea all’estero; Lavoratori in regime di appalto; Minori; Soci di cooperative di lavoro; Stranieri
  • Contratti agevolati: Dipendenti di start up innovative; Disabili; Apprendisti; Disoccupati; Lavoratori in CIGS; Giovani; Lavoratori altamente qualificati impiegati in attività di ricerca e sviluppo; Detenuti

Servizi a tutela delle Imprese

  • Redazione di contratti di lavoro;
  • Redazione di policy aziendali, codici etici, codici disciplinari;
  • Redazione di piani di welfare, accordi di smart working;
  • Redazione di patti di non concorrenza e patti di riservatezza;
  • Consulenza e assistenza in materia di protezione dei dati personali (contrattualistica, dipendenti, web ed e-commerce, telecomunicazioni, compliance);
  • Contratti di agenzia;
  • Licenziamenti individuali;
  • Licenziamenti collettivi;
  • Distacchi;
  • Sicurezza sul lavoro;
  • Redazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo (D. Lgs. 231/2001);
  • Partecipazione a negoziazioni sindacali;
  • Consulenza ed assistenza in favore di imprese in stato di crisi;
  • Formazione aziendale

DiAnnamaria Palumbo

DIRIGENTI

Il datore di lavoro che abbia bisogno di inserire in azienda una figura professionale dotata di notevole autonomia ed in grado di orientare il percorso dell’azienda stipula un contratto di lavoro con il dirigente.

Il rapporto di lavoro con il dirigente è caratterizzato da un vincolo fiduciario particolarmente inteso e si sottrae all’ambito di applicazione di una serie di norme poste a tutela dei lavoratori (contratti a tempo determinato, orario di lavoro, recesso).

Gli elementi qualificanti il rapporto dirigenziale sono:

  • autonomia e discrezionalità delle decisioni (Cass. 17344/2004)
  • attenuazione del vincolo gerarchico (Cass. 5474/2012)
  • ampiezza di funzioni e complessità di mansioni (Cass. 12860/1998)
  • capacità di imprimere un indirizzo al governo della società (Cass. 10550/2010)
  • particolare forza sul mercato (Cass. 13191/2003)
  • qualificazione professionale (Cass. 12860/1998).

I dirigenti rappresentano la categoria più elevata di lavoratori subordinati tra quelle previste dal codice civile.

Art. 2095 – Categorie di prestatori di lavoro.

I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegato e operai.

Le leggi speciali, in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie”.

Accanto ad una nozione legale (art. 2095 c.c.) vi sarà pertanto una definizione contrattuale (derivante dai vari CCNL).

Il codice civile non chiarisce, infatti, i requisiti e le caratteristiche dei dirigenti e pertanto, al fine di determinare gli elementi che distinguono la categoria dirigenziale dalle alle categorie di dipendenti, sarà necessario fare riferimento alla contrattazione collettiva ed alla giurisprudenza.

In giurisprudenza, ad una prima interpretazione – mai realmente abbandonata – volta a definire il dirigente come l’alter ego dell’imprenditore (pur senza possedere un potere di rappresentanza esterna), si è affiancata una lettura meno riduttiva e che comprende anche coloro che, pur non facendo parte del top menagement, svolgano attività lavorativa mediante preposizione all’azienda o ad una sua articolazione autonoma, con alta professionalità, elevato grado di autonomia, discrezionalità valutativa e operativa, potere decisionale, elevata ampiezza delle funzioni.

Anche la contrattazione collettiva si è espressa in senso di apertura, prevedendo anche l’istituzione di gradi della dirigenza (i c.d. dirigenti apicali, mini – dirigenti o dirigenti minori) con esclusione di forme di dipendenza gerarchica fra dirigenti. E’ preservata, in ogni caso, la funzione di coordinamento.

Per la distinzione con la figura dello pseudo-dirigente, si rinvia a questo post.

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PSEUDO-DIRIGENTI

Dalla figura del dirigente deve essere distinta della dello pseudo-dirigente o impiegato con funzioni direttive.

Quest’ultimo è preposto ad un singolo ramo di servizio, ufficio o reparto e svolge la sua attività sotto il controllo dell’imprenditore o di un dirigente, con poteri di iniziativa circoscritti e con corrispondente limitazione di responsabilità.

L’inquadramento dirigenziale è talvolta riconosciuto dal datore di lavoro con finalità premiali rispetto alla carriera svolta o quale riconoscimento per particolari meriti. L’attribuzione meramente convenzionale della qualifica non può però comportare l’automatica e totale applicazione della normativa sul rapporto dirigenziale.

La questione si pone, in particolare, in materia di risoluzione del rapporto da parte del datore di lavoro. Nei confronti dello pseudo-dirigente non trova infatti applicazione il regime di libera recedibilità previsto per il dirigente, bensì la disciplina limitativa dei licenziamenti valida per le altre categorie di dipendenti (quadri, impiegati, operai).

L’accertamento in concreto della sussistenza delle condizioni necessarie per l’inquadramento del lavoratore nell’una o nell’altra categoria costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

CASI

E’ stato ritenuto dirigente:

  • un dipendente che era stato direttore commerciale preposto ad una delle tre fondamentali aree in cui si articolava l’azienda, con elevata autonomia e professionalità e collocazione sullo stesso piano dei due titolari responsabili delle altre aree, restando peraltro soggetto a direttive ed a controllo sui risultati raggiunti (Cass. 12650/2003);
  • un ingegnere preposto a un’area organizzativa prevista da un piano aziendale che preponeva a ciascuna area un dirigente comunque subordinato al direttore operativo (Cass. 3981/2016);

Non è stato ritenuto dirigente:

  • un direttore commerciale di una compagnia di navigazione aerea che non aveva la responsabilità della gestione né la rappresentanza della società nei confronti dei terzi, e che aveva un potere di firma limitato alla richiesta di biglietti gratuiti o a tariffa scontata (Cass. 8064/2004);
  • un dipendente RAI incaricato di seguire il contenzioso insieme ad altri avvocati (Cass. 8650/2005).

Si rinvia a questo post per la distinzione dall’amministratore.

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DIRIGENTE E AMMINISTRATORE

Il dirigente non va confuso con l’amministratore (anche se a particolari condizioni le due qualifiche possono coesistere).
Il rapporto di amministrazione ha natura organica. Ciò significa che l’amministratore si identifica nella carica e quindi nella persona amministrata.
L’attività lavorativa dell’amministratore può essere inquadrata, poi, anche nella parasubordinazione (co.co.co.); mentre abbiamo visto che il dirigente si inquadra solo nel rapporto di lavoro subordinato.

Quando le qualifiche possono coesistere?
Per poter cumulare nello stesso soggetto la carica di amministratore e la qualifica di dirigente della stessa società devono ricorrere due condizioni:
1) il soggetto, in qualità di dirigente, deve svolgere un’attività lavorativa diversa da quella attinente alla carica sociale (Cass. 329/2002);
2) deve esserci una volontà imprenditoriale e assoggettamento ai poteri direttivi, di controllo e disciplinari dei sovraordinati organi della società (Cass. 1424/2012).

CASI
Non sono state ritenute cumulabili le cariche nei casi:

  • amministratore unico (Cass. 18144/2013);
  • amministratore delegato con poteri illimitati di ordinaria e straordinaria amministrazione (Cass. 22689/2018).
    Sono state ritenute cumulabili le cariche nei seguenti casi:
  • amministratore delegato con delega limitata a poteri di ordinaria amministrazione (Cass. 299/2001);
  • socio e amministratore di una società di capitali composta da due solo soci, entrambi amministratori, se esiste un concreto assoggettamento del socio-dirigente alle direttive e al controllo dell’organo collegiale amministrativo formato dai medesimi due soci (Cass. 7465/2002).

Si rinvia a questo post per la disciplina dell’assunzione.

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