Il 27 marzo 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha depositato la sentenza n. 8089/2025, che affronta temi legati al pagamento del lavoro straordinario e alla corretta interpretazione dei regolamenti interni aziendali. La vicenda nasce dal ricorso presentato da un gruppo di lavoratori contro il Centro di Riferimento Oncologico (CRO), in merito alla presunta mancata retribuzione di ore straordinarie e pause lavorative decurtate automaticamente dal datore di lavoro.
La controversia ha avuto origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Pordenone, che riconosceva ai lavoratori il diritto a ricevere il pagamento per il lavoro svolto durante le pause e i primi dieci minuti risultanti dai cartellini presenze. Tuttavia, la Corte d’Appello di Trieste ha poi revocato tale decreto, escludendo che la sentenza resa in altra causa – nella quale era stata accertata l’illegittimità delle clausole del Regolamento del CRO che prevedevano la decurtazione automatica, dall’orario svolto e registrato dai cartellini presenza, di trenta minuti per godimento della “pausa” e dei primi dieci minuti eccedenti rispetto all’orario contrattuale – potesse automaticamente fondare i diritti retributivi rivendicati dai lavoratori in questa causa.
Uno dei punti centrali della decisione della Corte d’Appello è stata la mancanza di prova di una preventiva autorizzazione, anche solo implicita, per lo svolgimento delle ore straordinarie. Inoltre, la Corte ha ritenuto che le ore di lavoro effettivamente svolte, comprese le pause lavorative, risultassero già “recuperate o retribuite”, lasciando irrisolta la questione delle presunte ore aggiuntive.
I lavoratori, nel ricorso per Cassazione, hanno sollevato quattro principali motivi di contestazione:
- Violazione delle norme di diritto e di contrattazione collettiva, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente richiesto la prova di un’autorizzazione per il lavoro straordinario, anche in situazioni in cui non era necessaria.
- Erronea valutazione delle prove, con particolare riferimento ai cartellini presenze, considerati come documenti assimilabili alle scritture contabili.
- Motivazione apparente della sentenza impugnata, accusando la Corte d’Appello di non aver adeguatamente argomentato le proprie conclusioni.
- Omesso esame di un fatto decisivo, legato al mancato adempimento, da parte del CRO, di una precedente sentenza che dichiarava illegittime le decurtazioni automatiche previste dal Regolamento aziendale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Tra i punti chiave della sentenza:
- L’assenza di autorizzazione al lavoro straordinario: La Cassazione ha ribadito che non era stata fornita prova concreta dello svolgimento di ore lavorative eccedenti quelle già retribuite o recuperate, né di una loro autorizzazione.
- Cartellini presenze e valore probatorio: I cartellini presenze non possono essere assimilati ai libri contabili, né sono sufficienti a dimostrare l’effettivo svolgimento di attività lavorativa durante gli intervalli di tempo registrati.
- Illegittimità del Regolamento e diritti retributivi: L’illegittimità delle clausole regolamentari aziendali non comporta automaticamente il diritto alla retribuzione di ore straordinarie, in assenza di prove concrete.
- Valutazione delle prove: La Corte ha sottolineato che la valutazione delle prove spetta al giudice di merito e non può essere sindacata in sede di legittimità, salvo casi di evidente travisamento, che non si sono riscontrati nel caso in esame.
La decisione sottolinea l’importanza di fornire prove concrete e dettagliate per dimostrare la sussistenza di diritti retributivi, anche in presenza di regolamenti interni dichiarati illegittimi.

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