La responsabilità dell’ente per reati ambientali si configura in maniera tutto sommato contenuta. Soltanto per le fattispecie più gravi sono previste sanzioni interdittive (comunque brevi). Per le altre fattispecie, che sono la maggior parte, la sanzione è soltanto pecuniaria.
Ciò determina, da un lato, una limitazione dei poteri cautelari, dall’altro, l’ampia possibilità di ricorrere al procedimento per decreto.
Tuttavia, ulteriore aspetto da considerare è che i reati previsti dal legislatore ambientale spesso vengono contestati in concorso con altre fattispecie di reato, le quali a loro volta possono rientrare tra i reati presupposto di cui al D. Lgs. 231/2001. Si pensi ai reati associativi e di criminalità organizzata, ai reati di falso, truffa aggravata ai danni della P.A., corruzione, concussione, reati informatici, disastri, danneggiamenti, riciclaggio.
Spesso, peraltro, le problematiche ambientali possono esse stesse rappresentare il presupposto per la commissione di altri reati, come nel caso di inquinamento che possa determinare un pericolo per la salute dei lavoratori o il caso di “passività ambientali” che possono costituire l’oggetto di false comunicazioni sociali.
Ciò comporta la necessità di effettuare una “mappatura dei rischi” che sia trasversale nonché di adottare, anche nella parte speciale del modello 231 dedicata ai reati ambientali, controlli (preventivi e successivi), non strettamente limitati alla gestione degli aspetti ambientali.
Lieti di averti dato qualche informazione generale, rimaniamo a disposizione per l’analisi del tuo caso!
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