L’accertamento presuntivo (denominato anche analitico-induttivo) consiste nella contestazione dell’evasione mediante il ricorso a presunzioni “qualificate”, ovvero gravi, precise e concordanti.
Si tratta di una sottocategoria degli accertamenti analitici (in questi ultimi la censura sull’evasione deriva dalla violazione diretta di una norma).
In pratica, partendo da alcuni dati analitici (ad es. contabili o oggettivi), l’Ufficio determina induttivamente il reddito di impresa.
ESEMPI:
- Il cd. tovagliometro: partendo dal costo sostenuto per il servizio di lavanderia, l’Agenzia delle Entrate determina induttivamente il possibile ricavo omesso (lo stesso vale per le bottiglie d’acqua, il caffé o i cartoni della pizza)
- Percentuali di ricarico
- Controllo presso terzi
- Falsa fatturazione
- Controllo del magazzino
- Comportamento antieconomico dell’imprenditore
- Rinvenimento di documentazione extracontabile o contabilità parallela
In questi casi, il contribuente ha l’onere dimostrare che il ragionamento dell’Ufficio non è convincente, ovvero che le presunzioni non sono né gravi, né precise, né concordanti.
Tale tipologia di accertamento trova applicazione soltanto laddove l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza della contabilità non siano così gravi, numerose e ripetute da rendere del tutto inattendibili, nel loro complesso, le scritture contabili. In quest’ultimo caso, infatti, l’Ufficio ricorre all’accertamento di tipo induttivo.
Lieti di averti dato qualche informazione generale, rimaniamo a disposizione per l’analisi del tuo caso!
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